La chiamano “Dichiarazione di guerra”. E’ il loro manifesto, pubblicato sul sito francese: “Noi siamo la generazione della frattura etnica, del fallimento totale del vivere insieme, del meticciato imposto”. Nazionalisti, identitari. E tradizionalisti: “Abbiamo chiuso i vostri libri di storia per ritrovare la nostra memoria”. Si chiama “Generazione identitaria”, hanno radici in Francia, in Italia e in Germania. Sono il nuovo network della destra estrema, nato nel 2012 e cresciuto silenziosamente. Sono ossessionati dal concetto della “Grande sostituzione”, la tesi – sostenuta dagli ambienti neofascisti europei – che vede nella migrazione una sorta di cambio della popolazione nel continente.
L’operazione “Defend Europe” è una sorta di battesimo del fuoco. Portare una nave da Gibuti per bloccare le Ong impegnate del salvataggio dei rifugiati naufragati in mare è un’operazione complessa e rischiosa. Il loro nemico giurato sono i migranti. Tutti, tanto da chiedere l’annullamento dei visti per ricongiungimento familiare. La xenofobia è il motore ideologico che li guida, avendo capito che il vento della destra nell’intero continente soffia in quella direzione.
L’azione anti migranti l’hanno preparata con cura. Un filmato su youtube mostra le immagini di un campo di formazione e addestramento fisico (con boxe, corse e arti marziali) dell’Università d’estate di Generazione identitaria.
Era il 2016 e già decine di ragazzi correvano con la maglietta “Defend Europe”, il nome della campagna partita nei giorni scorsi, con una prima azione di blocco della nave di Medici senza frontiere a Catania.
Hanno una forte presenza in rete, con molti siti realizzati professionalmente. Ma è difficile incontrarli fisicamente se non si fa parte del loro network. Quando organizzano le riunioni non indicano mai il luogo pubblicamente; l’indirizzo lo inviano all’ultimo momento via email solo a chi è iscritto. Sono nati in Francia dall’esperienza di “Bloc identitaire” il movimento politico di estrema destra francese nato nel 2003. Tendono a dissimularsi dietro una rete di associazioni che si dichiarano apartitiche, evitano con cura i saluti romani e i riferimenti apertamente fascisti, si presentano pubblicamente come promotori della cultura nazionale o locale. La filiale italiana ha organizzato, ad esempio, due incontri al nord, con i giovani leghisti e con l’associazione “Brescia ai bresciani”.
(Pubblicato su Famiglia cristiana il 17 luglio 2017)