Due anni fa la nave Iuventa veniva sequestrata su disposizione del GIP di Trapani. L’inchiesta non è ancora chiusa. L’indagine partì dalla denuncia presentata da alcuni operatori di sicurezza privati, contrattati dalla Imi Security Service. Dalle indagini successive sono emersi contatti tra alcuni operatori della società e i servizi di intelligence. Dopo il sequestro due di loro hanno raccontato di aver contattato la segreteria di Matteo Salvini.
Questa è l’intervista al titolare della società Imi, Cristian Ricci, realizzata alla fine di luglio.
Lei proviene dalla Guardia costiera?
Sì. Nel 2004 sono uscite delle normative a livello internazionale dopo i fatti dell’11 settembre che introducevano anche in ambito civile per i porti e le navi una serie di norme di security, un po’ di protezione come negli aeroporti. In quel settore c’era carenza di persone che in qualche maniera potessero occuparsi di questo. Ho lasciato la Guardia costiera nel 2006, subito dopo ho iniziato a fare questa attività.
Ha lavorato solo in Italia o anche all’estero?
In Italia e all’estero. C’era questo problema delle navi che solcano tutti i mari, quindi la preparazione delle navi in qualsiasi tratto di mare percorra… Poi c’erano dei mari più pericolosi, con rischio pirateria. Andavano preparati gli equipaggi che affrontavano quelle zone, soprattutto nel Corno d’Africa.
Lei ha avuto anche una società in Slovenia, giusto? Faceva anche antipirateria?
Sì, anche antipirateria.
Quindi ha firmato l’accordo internazionale delle società di security private?
Sì.
Poi ha però lasciato quel settore… Perché?
In Italia era stata introdotta una normativa: per fare sicurezza sulle navi italiane bisognava essere un istituto di vigilanza italiano e quindi a quel punto non era più possibile
Perché aveva scelto la Slovenia per la sua attività?
Un paese della comunità europea, vicino a noi, ma loro hanno una mentalità molto più avanzata rispetto a queste problematiche della sicurezza marittima.
Arriviamo al 2016. Chi la contatta per la sicurezza della nave Vos Hestia?
Noi avevamo già lavorato con l’armatore della Vos Hesta e quindi ci hanno ricontattato per fare un servizio di protezione a bordo e per occuparci del salvataggio in mare. Quindi il mio personale si occupava di gestire un po’ la situazione a bordo ed era il personale che scendeva sui gommoni a fare il salvataggio.
Che altri lavori avevate fatto per questo armatore?
Creazione di piani di sicurezza per le loro navi
Non a bordo, quindi?
No. Loro facevano attività di supply alle piattaforme al largo della Libia e quindi avevano queste problematicità, diciamo…
Come ha scelto il personale da utilizzare a bordo della Vos Hestia?
L’abbiamo scelto tenendo conto delle esperienze pregresse. C’era bisogno di qualcuno in grado di operare nei salvataggi insieme a me e di qualcuno che si occupasse dell’ordine pubblico a bordo, quindi ex poliziotti. Alcuni già avevano avuto esperienza a Lampedusa, e queste mi sembravano caratteristiche importanti. Poi ci doveva essere una donna per il controllo delle migranti.
Avevano già lavorato con lei queste persone?
Non tutti. Montanino sì, gli altri no.
Quindi iniziate le attività in mare?
Nel settembre 2016.
Dopo il sequestro della nave Iuventa in alcune interviste due suoi operatori, Gallo e Ballestra, hanno raccontato di avere avuto dei contatti con l’Aise, l’agenzia di intelligence militare, e successivamente con la segreteria di Matteo Salvini. Lei era a conoscenza di questi contatti?
Io ho saputo di queste cose soltanto a posteriori. Queste informazioni non sono state date direttamente dalla mia società, ma da queste persone. Io non ho mai ordinato a nessuno di avere contatti extra.
Lei stava a bordo quando hanno avuto questi contatti?
Sì, però sono avvenuti da email personali, da quello che ho visto, quindi privatamente.
Non ne hanno mai parlato a bordo?
Lo hanno fatto senza parlare mai di questa cosa qui, senza parlare del contenuto di quello che loro stavano facendo. Io non sono mai stato informato.
Dopo questi contatti lei è mai stato contattato dall’intelligence? Se hanno ricevuto una email da un suo dipendente, sarebbe stato normale contattarla per verificare le informazioni…
Io non sono mai stato contattato dai servizi di informazione, e neanche dalla parte politica.
La Lega non l’ha mai contattata?
La lega non mi ha mai contattato rispetto a queste cose, ed io non ho mai contattato personalmente la Lega o l’Aise. Sono cose che hanno fatto i miei dipendenti a titolo personale.
E lei come ha reagito quando è scoppiato il caso? Ha contattato i suoi ex dipendenti per chiedere spiegazioni?
No, io non ho più avuto contatti con loro. Credo che quello che è avvenuto faccia venir meno la bontà di tutto quello che è stato fatto, perché sembra che sia stato fatto per un interesse.
La Imi ha un gruppo Facebook aziendale chiuso, dove si accede solo con l’autorizzazione dell’amministratore, giusto?
Sì.
Chi gestisce il gruppo?
Io.
Tra i membri di questo gruppo risulta iscritto Gian Marco Concas, anche lui ex ufficiale della Guardia costiera, e nel 2017 esponente di Generazione identitaria, direttore tecnico delle operazioni della nave C Star. Lei ha mai conosciuto Gian Marco Concas?
No. Non l’ho mai conosciuto personalmente, non ho mai lavorato con lui pur essendo ex colleghi.
Non lo ha mai invitato a partecipare ad uno dei suoi corsi?
Mai.
In realtà risulta un invito da parte della IMI alla partecipazione di un corso, sempre su Facebook, nel 2012…
Sicuramente sarà stato fatto per informarlo su un nostro corso, i nostri comunque sono corsi tutti autorizzati dal comando generale delle Capitanerie di porto. Sono tutti corsi pubblici.
Lei deve tener presente che il nostro gruppo serve per dare informazioni all’esterno sulle attività che facciamo.
Quando Concas si è iscritto al gruppo non è andato a vedere chi fosse?
Io non sono andato a vedere, sinceramente. Per me era, come dire, un ex collega che si interessa di attività legate al mondo della sicurezza marittima.
Quindi sapeva che era un ex ufficiale della Guardia costiera?
Sì, perché credo che nel suo profilo Facebook questo venga fuori, credo che ci fossero delle foto in divisa, cose del genere.
E non lo ha mai contattato?
Non l’ho mai contattato.
E’ stato iscritto al gruppo per cinque anni, lei non ha mai avuto la curiosità di andare a vedere chi fosse?
No, guardi, neanche con gli altri. A noi serve per mandare informazioni, come una mailing list.
E dopo l’uscita degli articoli sulla Imi e sulla presenza di Concas nel gruppo Facebook l’ha contattato?
No, poi mi sono anche allontanato da Facebook, è fastidioso vedere che tutte le cose vengono poi controllate.
Lei ha operato come sicurezza privata sulla nave Save the Children; dalle vostre denunce è nata poi l’inchiesta della procura di Trapani nei confronti della Jugend Rettet. Cosa non la convinceva dell’operato delle Ong?
Il soccorso è doveroso, deve essere fatto, è bene che ci sia qualcuno ad operare.
Penso che questi soccorsi siano stimolati, creati, voluti da chi organizza il traffico.
Lei ritiene, cioè, che esista un accordo tra trafficanti e Ong?
Non lo posso dire, non lo so, io non l’ho mai visto. Quello che si è visto per la Iuventa è il fatto che prima e dopo il soccorso c’erano delle relazioni che erano poco chiare con le persone che guidavano queste imbarcazioni.
Lei, concretamente, che cosa ha visto per poter affermare questo?
La presenza della Iuventa sempre molto vicino alle coste libiche, il loro essere sempre i primi ad arrivare e poi quello che ha visto l’operatore sotto copertura, cioè il fatto che vi siano stati dei rapporti…
Lei conosce il lavoro del dipartimento di analisi forense dell’Università di Londra che ha di fatto smontato le prove note raccolte dall’agente sotto copertura? Ha visto questa ricerca?
Io non ero a bordo in quel periodo quando ha operato l’agente sotto copertura. Però è chiaro che non c’è stato un rapporto di collaborazione tra la Iuventa e le procure… Non c’era uno spirito di collaborazione, c’è stato anche il cartello contro IMRCC…
Lei parlava di «quello che avviene prima del soccorso»: avete raccolto elementi concreti?
Mi è stato chiesto, e questo è pubblico, come avveniva l’attività di soccorso ed ho spiegato che avveniva a seguito di una segnalazione su una chat.
Questo per quanto riguarda Save the Children…
Sì, sì.
Rispetto alla Iuventa?
Rispetto alla Iuventa, quello che si vedeva ed era chiaro è che quella nave era sempre quella che arrivava per prima per i soccorsi, era presente dove c’erano i barchini…
Era presente dove c’erano soccorsi da effettuare…
Sì, e la Iuventa non era una barca sofisticata… Non so, il Moas aveva addirittura dei droni, ma la Iuventa era un ex peschereccio. Questa era la cosa che lasciava un po’ così…